domenica 27 gennaio 2013
mercoledì 23 gennaio 2013
domenica 20 gennaio 2013
Poesia di Garcia Lorca 3
“Le parole del miele”
“…il miele è l’epopea dell’amore,
la materialità dell’infinito.
Anima e sangue dolente di fiori
condensati attraverso
un altro spirito…"
domenica 13 gennaio 2013
Poesia anonima
Eros un giorno
non vide un'ape
fra le rose, e fù punto
al dito. Strillò,
sbattè le mani,
volò di corsa
dalla bella Citerea
e disse:«Ahi ,mamma!
Io sto per morire !
Un piccolo drago con le ali
mi ha ferito: lo chiamano ape,
i contadini! ».
E lei rispose: «Se il pungiglione
di un'ape ti fa tanto male,
quanto pensi che soffrano,
Eros, quelli che tu ferisci?».
non vide un'ape
fra le rose, e fù punto
al dito. Strillò,
sbattè le mani,
volò di corsa
dalla bella Citerea
e disse:«Ahi ,mamma!
Io sto per morire !
Un piccolo drago con le ali
mi ha ferito: lo chiamano ape,
i contadini! ».
E lei rispose: «Se il pungiglione
di un'ape ti fa tanto male,
quanto pensi che soffrano,
Eros, quelli che tu ferisci?».
Poesia Monti 2
Poesie e poemi
Vita di tutto Ei tutto osserva, e saggio
dispon dell'opra il mezzo e la maniera.
Tale il re delle pecchie, allor che il raggio
del monton sveglia l'alma primavera,
a riparar del rio verno l'omaggio
desta al lavor del miele e della cera
l'industri ancelle, e, osservator severo,
le fatiche ne scorre e il magistero.
Altre intendono ai favi, altre la manna
van de' fiori a predar cupide e snelle.
Qual le compagne a scaricar s'affanna,
qual del dolce licore empie le celle.
Queste, tratti i pungigli, la tiranna
torma de' fuchi caccian lungi; e quelle
castigano le pigre. Un odor n'esce
che ti ristaura, e il lavorìo più cresce.
Con infinita provvidenza il senno
de' suoi sofi comparte il sommo Duce.
Altri l'ombra del punto fissar denno,
che rompe all'arco meridian la luce.
Altri i portenti investigar, che fenno
chiaro l'Egitto, ovunque ne traluce
l'orma ancor maestosa, alla cui vista
il pensiero stupisce, e il cor s'attrista.
Quei dell'alcali indaga e de' metalli
i segreti covili, arcano obbietto
di maraviglia; per deserte valli
questi raccoglie il peregrino insetto.
domenica 6 gennaio 2013
Poesia di Monti
Poesie e poemi Le api panacridi in Alvisopoli Quest'auro miele etereo, su 'l timo e le viole dell'aprica Alvisopoli còlto al levar del sole, noi caste Api Panacridi rechiamo al porporino tuo labbro, augusto pargolo, erede di Quirino; noi del tonante Egioco famose un dì nutrici, quando vagìa fra i cembali su le dittèe pendici. Mercé di questo ei vivere vita immortal ne diede, e ovunque i fior più ridono portar la cerea sede. Volammo in Pilo; e a Nestore fluir di miele i rivi, ond'ei parlando l'anime molcea de' regi achivi. Ne vide Ilisso; e il nèttare quivi per noi stillato fuse de' Numi il liquido sermon sul labbro a Plato. N'ebbe l'Ismeno; e Pindaro suonar di Dirce i versi fe' per la polve olimpica del nostro dolce aspersi. E nostro è pur l'ambrosio odor, che spira il canto del caro all'Api e a Cesare cigno gentil di Manto. Inviolate e libere di lido errando in lido, del bel Lemène al margine alfin ponemmo il nido. E di novello popolo al buon desìo pietose, de' più bei fiori il calice |
venerdì 4 gennaio 2013
Poesia di Giovanni Pascoli
L'Ape
E disse ancora: "De le sue corolle;
ch'ape non vide, ch'ape non desia:
l'ombre lei gode, ed essa: altro non volle:
essere volle sopra un'ara pia
come l'incenso de l'incensiere,
di cui l'opra s'adempie in vanir via.
Ma non mancano calici a cui bere,
ciò di cui, paziente anima umana,
a te non piace che l'altrui piacere:
c'è la quercia che in aria s'allontana
e la viola che le resta al calcio,
e il fior d'assenzio e il fior di maggiorana.
E quale odore è mai del fior del tralcio!
odor che pare l'ombra del novello
vino che viene. E c'è l'amaro salcio.
In verità ti dico, anima: ornello
o salcio o cardo, ognuno ha sua fiorita;
amara o dolce; ma sol dolce è quello
che tu ne libi miele de la vita".
E disse ancora: "De le sue corolle;
ch'ape non vide, ch'ape non desia:
l'ombre lei gode, ed essa: altro non volle:
essere volle sopra un'ara pia
come l'incenso de l'incensiere,
di cui l'opra s'adempie in vanir via.
Ma non mancano calici a cui bere,
ciò di cui, paziente anima umana,
a te non piace che l'altrui piacere:
c'è la quercia che in aria s'allontana
e la viola che le resta al calcio,
e il fior d'assenzio e il fior di maggiorana.
E quale odore è mai del fior del tralcio!
odor che pare l'ombra del novello
vino che viene. E c'è l'amaro salcio.
In verità ti dico, anima: ornello
o salcio o cardo, ognuno ha sua fiorita;
amara o dolce; ma sol dolce è quello
che tu ne libi miele de la vita".
Poesia di Lorenzo de' Medici
Le api
Quando raggio di sole
Per piccola fissura
Dell'api entrando nella casa oscura,
Al dolce tepor le riscalda e desta
Escono accese di novella cura
Per la vaga foresta,
Predando disiose or questa or quella
Specie di fior di che la terra è adorna.
Qual esce fuor, qual torna
Carca di bella et odorata preda;
Qual sollecita e strigne,
Se avvien che alcuna oziosa all'opra veda;
Altri il vil fuco spigne,
Che invan l'altrui fatica goder vuole.
Così di vari fior, di fronde e d'erba
Saggia e parca fa il miel, qual di poi serba
Quando il mondo non ha rose e viole.
Quando raggio di sole
Per piccola fissura
Dell'api entrando nella casa oscura,
Al dolce tepor le riscalda e desta
Escono accese di novella cura
Per la vaga foresta,
Predando disiose or questa or quella
Specie di fior di che la terra è adorna.
Qual esce fuor, qual torna
Carca di bella et odorata preda;
Qual sollecita e strigne,
Se avvien che alcuna oziosa all'opra veda;
Altri il vil fuco spigne,
Che invan l'altrui fatica goder vuole.
Così di vari fior, di fronde e d'erba
Saggia e parca fa il miel, qual di poi serba
Quando il mondo non ha rose e viole.
giovedì 3 gennaio 2013
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